“Nessuno dei due è ideale,” ha scherzato il presidente russo Vladimir Putin quando gli è stato chiesto se avesse un favorito tra Kamala Harris e Donald Trump per le prossime elezioni presidenziali statunitensi. In un momento di franchezza al Forum Economico Orientale di Vladivostok, i commenti sardonic di Putin su entrambi i candidati suggerivano una visione preoccupante dal Cremlino: è una scelta tra “due possibilità poco attraenti.”
Per la Russia, le poste in gioco sono alte. Kamala Harris, successore di Biden come candidata democratica, ha segnalato un supporto incrollabile per l’Ucraina e ha promesso di continuare la posizione degli Stati Uniti di isolamento diplomatico e sanzioni economiche contro Mosca. D’altra parte, Trump, un ex alleato di Putin che una volta si vantava della sua “grande relazione” con il leader russo, ha una storia complicata con Mosca. Mentre Trump ha accennato a una rapida risoluzione della guerra in Ucraina, ha supervisionato alcune delle sanzioni più severe contro la Russia durante il suo mandato.
Al forum di Vladivostok, Putin ha stuzzicato il suo pubblico con commenti velati sul “riso contagioso” di Harris, ma ha sottolineato il disagio della Russia riguardo al suo fermo supporto per l’Ucraina. Harris, che è fermamente a favore della strategia della NATO e dell’ampio aiuto all’Ucraina, ha anche denunciato Mosca per le violazioni dei diritti umani e ha condannato l’aggressione di Putin come “non americana e indegna di rispetto globale.” Le sue posizioni sottolineano una dura realtà per il Cremlino: una vittoria di Harris significherebbe quasi certamente un continuo aiuto militare all’Ucraina e, possibilmente, anche una spinta più forte per Kyiv a unirsi alla NATO—un esito che Putin è disperatamente ansioso di evitare.
Trump, da parte sua, ha adottato un approccio notevolmente diverso. Con la sua campagna che suggerisce che porrebbe fine al conflitto attraverso la diplomazia, critica la strategia di Biden per l’Ucraina e mette in discussione il valore degli impegni degli Stati Uniti nei confronti della clausola di difesa reciproca della NATO. La proposta di Trump di negoziare una “zona neutrale” all’interno dell’Ucraina potrebbe comportare concessioni significative alla Russia. Sebbene questa posizione possa attrarre Mosca, è accolta con sospetto dai leader ucraini e dagli alleati della NATO che la vedono come un arretramento del supporto americano per la sovranità dell’Ucraina.
Poi c’è lo spettro imminente del controllo degli armamenti nucleari. Il trattato New START, che impone limitazioni critiche sugli arsenali nucleari statunitensi e russi, scadrà nel 2026. Biden lo ha rinnovato all’inizio della sua presidenza, ma Trump ha storicamente cercato di sostituire gli accordi esistenti con un patto trilaterale che includa la Cina—una prospettiva che Putin probabilmente troverebbe sia allettante che complessa. Se Trump vincesse, gli analisti credono che la Russia potrebbe avere un’altra possibilità per un nuovo accordo di controllo degli armamenti più favorevole. Harris, tuttavia, probabilmente spingerebbe per una rigorosa continuazione dei trattati esistenti, insieme a sanzioni per il comportamento nucleare della Russia durante il conflitto ucraino.
Con un’elezione delicata all’orizzonte, la posizione ufficiale della Russia rimane contenuta, ma le parole di Putin alludono a una preferenza per Trump, una quantità nota con cui ha una storia difficile ma funzionale. L’elezione di Harris probabilmente significherebbe confronti più diretti sulla gestione dei diritti umani da parte della Russia, sull’espansione della NATO e sul supporto continuo per l’Ucraina—una triade di questioni che il Cremlino considera minacciose.
Alla fine, il disagio di Putin riguardo a entrambi i candidati riflette la consapevolezza della Russia della cupa realtà che deve affrontare indipendentemente da chi vinca: relazioni tese, sanzioni continue e una posizione statunitense imprevedibile sulla scena globale.
Le fonti per questo articolo includono: The Associated Press, dichiarazioni del Forum Economico Orientale e analisi recenti del International Crisis Group.